L'epidemiologia
L'epidemiologia è la disciplina che studia la presenza delle malattie nelle popolazioni umane dedicandosi anche allo studio delle condizioni e dei fattori che le determinano; in questo senso si pone come uno strumento chiave per la promozione di interventi di prevenzione.
In Italia dopo le malattie cardiovascolari i tumori sono al secondo posto fra le grandi cause di morte. Nel 1970 furono 91 mila i decessi per tumore: 52 mila uomini e 39 mila donne. Nel corso degli anni il loro numero è visibilmente aumentato, e vent'anni dopo, nel 2000, si stima siano morte per tumore 138 mila persone, di cui 83 mila uomini e 55 mila donne.
I principali obiettivi che l'epidemiologia si pone sul fronte oncologico sono quelli di studiare e predire le dimensioni della malattia cancro, cioè valutarne la frequenza nelle popolazioni, e di investigare come la probabilità di sviluppare la malattia varia in relazione a diversi fattori di rischio.
Per esempio, variazioni nel tasso di incidenza dei tumori tra differenti gruppi di popolazione possono suggerire all'epidemiologo l'importanza di determinati fattori ambientali, occupazionali o sociali, o di specifici stili di vita come causa di particolari tipi di cancro dando impulso, conseguentemente, alla ricerca sulla relazione tra fattori e malattia e alla promozione di interventi per rimuovere tali cause.
L'epidemiologia utilizza numerosi indicatori: i più importanti sono l'incidenza, la sopravvivenza, la prevalenza e la mortalità. Considerandoli come aspetti di un unico fenomeno, permettono di descrivere la presenza della malattia oncologica nelle popolazioni (vedi Tabella 1).
Incidenza
L'incidenza indica il numero di nuovi casi di tumore che si verificano in una data popolazione in un dato periodo di tempo (usualmente un anno).
Può essere presentata come tasso d'incidenza (grezzo) che esprime il numero di nuovi casi nell'anno in una popolazione di grandezza definita (usualmente 100.000 persone) o come tasso d'incidenza standardizzato. Quest'ultima è una misura artificiale, utile però per confrontare il rischio in popolazioni diverse. Essa infatti tiene in considerazione la diversa struttura per età delle popolazioni a confronto evitando, ad esempio, che le popolazioni con più anziani possano essere considerate le più a rischio semplicemente perché l'alta frequenza di anziani, che si ammalano di tumore più dei giovani, determinano in quelle popolazioni una più alta frequenza di casi.
L'incidenza è un importante indicatore dei fattori di rischio presenti in una determinata popolazione.
In Italia, negli ultimi trent'anni il numero di nuovi casi di tumore è andato aumentando, passando da 149 mila nuovi casi stimati per il 1970 a 234 mila nel 2000 - di cui 136 mila uomini e 98 mila donne. Dallo studio dei dati emerge che questo forte incremento è dovuto principalmente all'invecchiamento della popolazione piuttosto che all'aumento del rischio di ammalarsi negli anni più recenti. Infatti i tassi standardizzati sono in riduzione nell'ultimo decennio, almeno per quanto riguarda la componente maschile.
Analizzando il rischio oncologico per generazione di nascita si osserva che la probabilità di ammalarsi di tumore è andato via via aumentando nelle successive coorti di nascita lungo il secolo scorso, sino alle generazioni nate nell'immediato dopoguerra. I dati suggeriscono che le generazioni successive presentino invece un rischio più ridotto.
Questi elementi sembrano indicare che il rischio oncologico abbia accompagnato nelle sue tendenze lo svolgersi del processo di industrializzazione nel ‘900, aumentando con il progressivo svuotamento delle campagne e il seguente processo di urbanizzazione, e con il cambiamento nei ritmi e negli stili di vita e di lavoro che ha coinvolto milioni d'italiani. Considerando, per esempio, il fenomeno per le diverse aree geografiche del nostro Paese, si osserva che la diminuzione del rischio di tumore nelle generazioni nate dopo gli anni '50, non è omogenea in tutte le aree del paese, ma è più evidente al nord rispetto al sud, e che le differenze storiche che vedono il nord più svantaggiato potrebbero in futuro ridursi.
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Sopravvivenza e prevalenza
La sopravvivenza per tumore presentata in percentuale esprime il numero di casi sopravvissuti alla malattia su 100 pazienti. La "sopravvivenza a 5 anni" esprime la percentuale di casi sopravvissuti dopo 5 anni dall'esordio della malattia oncologica.
La sopravvivenza per tumore a 5 anni dalla diagnosi è passata da 33% per i pazienti il cui tumore era stato diagnosticato alla fine degli anni '70 a 39% per quelli diagnosticati alla fine degli anni '80 e si stima che ci siano ulteriori miglioramenti della sopravvivenza per i casi diagnosticati recentemente, suggerendo un miglioramente della prognosi per tumore anno dopo anno.
La prevalenza per tumore indica in un dato momento il numero di persone di una data area geografica che si sono ammalate di tumore in passato, sia esso recente o lontano, e che ne sono sopravvissute. Se rapportata alla popolazione - proporzioni di prevalenza - essa rappresenta la proporzione di quella popolazione che in un dato momento ha vissuto o sta vivendo l'esperienza della patologia oncologica (spesso questa misura è espressa per 100.000 abitanti). La prevalenza è considerata un'utile misura per valutare il "carico" sanitario dell'oncologia in una società. Nelle diverse quantità in cui può essere disaggregata, può per esempio essere utilizzata per stimare il numero di pazienti oncologici che necessitano di un controllo medico oppure il numero di pazienti che devono essere seguiti attivamente dal punto di vista clinico perché ad alto rischio di ripresa della malattia.
In Italia, il processo d'invecchiamento della popolazione, la conseguente crescita del numero di nuovi casi di tumore, in particolare tra gli anziani, e la migliore sopravvivenza hanno determinato un forte aumento della prevalenza nel corso degli ultimi decenni. I casi prevalenti nel 1970 erano circa 820 mila e si stima siano diventati circa 1,3 milioni nel 2000: un grande numero di persone con una storia oncologica che hanno determinato la crescita della domanda sanitaria e per le quali è necessario siano definiti piani per la sorveglianza sanitaria e specifici programmi di controllo.
I risultati dello studio europeo EUROPREVAL mostrano che in Svezia, Svizzera, Germania e Italia (dati analitici per l'Italia sono stati prodotti dallo studio ITAPREVAL) si registrano i livelli più elevati di prevalenza in Europa per la maggior parte dei tipi di tumore, e che nei paesi dell'est come Estonia e Polonia, al contrario, i valori sono i più bassi. In particolare in Polonia sono stati rilevati 1170 casi su 100 mila persone mentre in Svezia i casi sono 3050 ogni 100 mila persone. La prevalenza è il risultato di un complesso fenomeno: in Svezia, dove è alta, essa è associata a elevata incidenza e elevata sopravvivenza alla malattia; in Polonia, dove è bassa, invece è associata a livelli d'incidenza di tumore inferiore a quella dei paesi occidentali, e a sopravvivenze basse.
Fra i diversi tipi di malattia oncologica, in Europa, il tumore alla mammella rappresenta il 34% di quelli femminili, mentre con il 15% il tumore del colon retto è la malattia che ha la maggiore prevalenza fra gli uomini. La maggior parte dei casi prevalenti ha una età avanzata: il 57% è rappresentato da ultra 65enni.
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Mortalità
La mortalità per tumore rappresenta negli anni 2000 in Italia circa il 30% del totale dei decessi. Il numero di decessi per anno è andato aumentando negli ultimi trent'anni, ma nell'ultimo decennio l'aumento è stato meno evidente di quanto fosse nel periodo precedente. Se si esclude l'effetto dovuto alla diversa struttura per età delle popolazioni a confronto (negli anni '70 la popolazione era più giovane e quindi determinava, solo per questo motivo, meno casi di tumore), si osserva che il tasso standardizzato di mortalità per 100.000 persone non è molto cambiato nell'ultima decade del secolo: per gli uomini era 230 decessi sia nel 1990 che nel 2000 mentre per le donne è passato da 140 decessi nel 1990 a 130 nel 2000.
La mortalità tende quindi a non aumentare più: questa tendenza positiva è il risultato di una minore mortalità nelle età giovanili e nelle età adulte. Già dai primi anni '70 infatti la mortalità andava riducendosi anno dopo anno nelle classi d'età più giovani, poi questa tendenza positiva ha coinvolto nel corso dei decenni successivi anche le classe d'età adulte agendo quindi sull'insieme della mortalità per tumore. La riduzione della mortalità è un fenomeno comune a molte società occidentali ad economia avanzata ed è accompagnata negli ultimi anni da tendenze di riduzione anche nei dati d'incidenza nelle classi di età più giovani.
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Tabella 1.
Numero dei decessi, stime dei nuovi casi e dei casi prevalenti per l'insieme dei tumori osservati nel 1970, 1980, 1990, e 2000. Italia. Maschi+Femmine. Dati in migliaia.
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Bibliografia
(1) Micheli A, Mugno E, Krogh V, Quinn MJ, Coleman M, Hakulinen T, Gatta G, Berrino F, Capocaccia R. Cancer prevalence in European registry areas. Annals of Oncology. 2002 Jun;13(6):840-65.
(2) Verdecchia A, Mariotto A, Capocaccia R, Gatta G, Micheli A, Sant M, Berrino F. Incidence and prevalence of all cancerous diseases in Italy: trends and implications. European Journal of Cancer 2001 Jun;37(9):1149-57.
(3) Capocaccia R, Colonna M, Corazziari I, De Angelis R, Francisci S, Micheli A, Mugno E. Measuring cancer prevalence in Europe: the EUROPREVAL project. Annals of Oncology. 2002 Jun;13(6):831-9
(4) Giles G.: How important are the estimates of cancer prevalence?. Annals of Oncology. 2002 Jun; 13(6):815-6
(5) Tomatis L. Il Cancro: cause, frequenza, controllo. 1990. Garzanti Editore
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